Notizie (197)
Aumentano con la Brexit anche gli adempimenti extra-tributari previsti per gli scambi tra Ue e UK. Particolare attenzione viene rivolta ai “controlled goods”, ovvero alle merci previste dalla Convenzione Cities, le merci soggette a controlli sanitari e fitosanitari nonché i prodotti soggetti ad accisa e quelli oggetto di esportazione strategica, la cui importazione sarà subordinata al rispetto di procedure e requisiti variabili in base alla categoria merceologica.
Sono previsti nuovi oneri per gli operatori che commerciano prodotti “dual use” ovvero utilizzabili sia per fini civili che militari. Sul lato Ue, l’uscita di questi beni è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte dell’autorità competente dello stato membro, in cui è residente l’esportatore (Regolamento 428/2009).
Per ridurre gli effetti negativi dell’aggravo di tale onere sulle imprese, il Regno Unito è stato inserito nell’elenco delle destinazioni per le quali è possibile ottenere la semplificata Autorizzazione Generale dell’Ue, “EU001”. Si tratta di una semplificazione che garantisce un’applicazione uniforme dei controlli nell’Unione Europea, tuttavia, ciascuna impresa deve dotarsi di procedure interne per valutare la sua compliance alla normativa europea in merito all’export control e i prodotti dual use.
Ulteriore onere a cui si affacciano le imprese che destinano le proprie merci al mercato UK, è l’apposizione del marchio UKCA, invece della Ce. Riservato principalmente a prodotti elettronici, materiali di costruzione, articoli Dpi. Pertanto, le imprese dovranno ottenere un’attestazione di conformità del prodotto alla normativa britannica da parte degli Approved bodies, parallela al framework Europeo. Per permettere alle aziende di uniformarsi alle nuove direttive, il Regno Unito ha previsto il riconoscimento della marcatura Ce fino al 31/12/2021. Dal 2022 il marchio UKCA diventerà obbligatorio, ma potrà essere riportato sulla documentazione di accompagnamento anziché sul prodotto fino al 2023.
Pertanto, tutte le imprese che intendono continuare a effettuare scambi con il Regno Unito, dovranno adeguarsi ai nuovi assetti con accurata controllo della propria produzione in modo da uniformarsi con gli adempimenti relativi alla particolare natura dei prodotti.
È stato pubblicato il 13 marzo 2021 il nuovo decreto in materia di misure urgenti riguardanti l’emergenza sanitaria con le misure per il sostegno alle famiglie interessate:
- dalla sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio;
- dall’infezione da COVID-19 del figlio.
Il genitore di figlio convivente con età inferiore ai sedici anni, lavoratore dipendente, può svolgere la prestazione di lavoro in modalità smart-working, per un periodo corrispondente in tutto o in parte alla durata delle situazioni sopra indicate.
Nel caso in cui il lavoratore dipendente non possa prestare la propria attività lavorativa in modalità di smart-working, può astenersi dal lavoro ricevendo, in luogo della retribuzione un’indennità pari al 50% della retribuzione e la contribuzione figurativa per i periodi di astensione. A tal riguardo è necessario che il lavoratore sia genitore di figlio convivente minore di 14 anni e che il beneficio non venga fruito dall’altro genitore.
I periodi di congedo parentale fruiti a decorrere dal 1/01/2021 e fino al 31/03/2021, durante il periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza o di durata dell’infezione da COVID-19 possono essere convertiti nella domanda del congedo con diritto all’indennità.
Inoltre, per determinate categorie di lavoratori, dipendenti e autonomi, con figli conviventi under 14, il DL 30/2021 riconosce la facoltà di richiedere uno o più bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite massimo di 100 euro settimanali.
Posso richiedere il bonus baby-sitting i:
- lavoratori iscritti alla gestione separata INPS,
- lavoratori autonomi,
- personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico,
- lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato: medici, infermieri, tecnici di laboratorio biomedico, tecnici di radiologia medica e degli operatori socio-sanitari.
Il bonus è riconosciuto anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione da parte delle Casse di previdenza del numero dei beneficiari. Inoltre, il bonus può essere fruito solo se l’altro genitore non accede ad altre tutele o al congedo.
Tali misure si applicano fino al 30 giugno 2021.
In occasione della chiusura del Bilancio 2020 le imprese avranno la possibilità di rivalutare i beni di impresa, l’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
La particolarità di questa rivalutazione è la possibilità di rivalutare ciascun bene e non necessariamente l’intera categoria omogenea.
I provvedimenti attuali di rivalutazione dei beni d’impresa sono principalmente tre:
- Provvedimento di rivalutazione generale, art.110 del DL 104/2020 che prevede di fare la rivalutazione in modo gratuito o facoltativamente con imposta sostitutiva del 3%.
- Primo provvedimento di settore DL 23/2020, riguarda il settore alberghiero e termale, con una rivalutazione gratuita dei beni, senza dover assolvere ad imposte sostitutive e mantenendo lo stato di sospensione dell’imposta della riserva costituita nel passivo.
- Secondo provvedimento di settore DL 19/5/2020 (decreto “Rilancio”) riguardante cooperative agricole e consorzi, con la rivalutazione gratuita dei beni.
Provvedimento di rivalutazione “generale”, art.110 del DL 104/2020 – alla generalità dei soggetti imprenditori.
Questa norma prevede che la rivalutazione può essere effettuata ai soli fini civilistici, senza assolvere alle imposte sostitutive. Se effettuata ai fini fiscali, vede il beneficio dell’imposizione sostitutiva ridotta al 3%.
Inoltre, nella rivalutazione non è previsto il rispetto del vincolo delle categorie omogenee. La legge precisa espressamente che “la rivalutazione può essere effettuata distintamente per ciascun bene”. La rivalutazione generale può essere eseguita da imprese di qualsiasi natura giuridica, purché non vengano adottati i principi IFRS per la redazione del bilancio. I beni rivalutabili devono risultare del bilancio di esercizio in corso al 31/12/2019.
Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione “può essere riconosciuto” ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP con il versamento di un’imposta sostitutiva del 3%. Pertanto:
- Se l’impresa non ha interesse a vedersi riconosciuti i maggiori valori iscritti sotto il profilo fiscale, la rivalutazione può essere effettuata ai soli fini civilistici, senza assolvere al pagamento dell’imposta sostitutiva.
- Se l’impresa ha interesse invece, al riconoscimento dei maggiori valori, è necessario versare l’imposta sostitutiva.
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Focus: affrancare il saldo attivo con imposta sostitutiva del 10%
Il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato mediante il versamento di un’imposta sostitutiva IRPEF, dell’IRES, dell’Irap e di eventuali addizionali al 10%.
L’affrancamento, finalizzato a fare cessare lo stato di sospensione d’imposta della riserva, trova una sua ragion d’essere nel momento in cui sussista lo stato di sospensione d’imposta.
Primo provvedimento di settore DL 23/2020 – Rivalutazione Gratuita per le imprese alberghiere
La disciplina è finalizzata al sostegno dei settori che più sono stati colpiti dalle chiusure forzate nel primo semestre dell’anno 2020. Questa rivalutazione speciale per il settore alberghiero e termale può essere eseguita da imprese di qualunque natura giuridica purché non adottino gli IFRS per la redazione del bilancio.
I beni rivalutabili sono i beni materiali e immateriali immobilizzati e le partecipazioni in imprese controllate e collegate, anch’esse costituenti immobilizzazioni.
Il DL 23/2020 all’art.6 prevede che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni “non è dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta”. Nello specifico, non è dovuta l’imposizione sostitutiva.
Sul profilo fiscale, vi è la previsione della natura di riserva in sospensione d’imposta del saldo attivo di rivalutazione in quanto la rivalutazione è gratuita, permettendo quindi l’assenza di salti d’imposta. Il saldo di rivalutazione costituito a fronte della rivalutazione gratuita deve essere imputato a capitale o iscritto in apposita riserva.
Anche qui, rimane salva la possibilità di affrancare il saldo attivo di rivalutazione con una ulteriore imposta sostitutiva del 10%.
Secondo provvedimento di settore DL 19/5/2020 (decreto “Rilancio”) – Rivalutazione Gratuita per le cooperative agricole e i loro consorzi.
La rivalutazione “speciale” prevista dal DL/2020 riguarda le cooperative agricole e i loro consorzi che sono in possesso delle clausole mutualistiche all’art 2514 c.c. La rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nel relativo inventario e nella Nota integrativa. L’operazione riguarda i bilanci del 2020, del 2021 o del 2022.
I beni rivalutabili sono i beni materiali e immateriali immobilizzati e le partecipazioni in imprese controllate e collegate, anch’esse costituenti immobilizzazioni.
La norma consente di rivalutare i beni in modo gratuito (senza imposte sostitutive) fino a concorrenza del 70% delle perdite dei periodi precedenti computabili in diminuzione. Le perdite vengono così annullate e non possono più andare a riduzione del reddito dei periodi d’imposta successivi.
Se sei un libero professionista ed esiste un albo per la tua tipologia di attività (notaio, avvocato, ingegnere, geometra, architetto, etc.) vi è l’obbligo di iscrizione alla propria cassa di riferimento e di versamento dei contributi previdenziali richiesti.
Gli importi dei contributi da versare alla cassa previdenziale a cui si appartiene si distinguono in tre tipologie:
- Contributo soggettivo: che varia seconda del proprio reddito;
- Contributo integrativo: da inserire nelle proprie fatture e che va assoggettato al cliente.
- Contributo di maternità: riconosce l’indennità in caso di nascita di un figlio.
Le principali casse previdenziali attualmente presenti sul territorio nazionale sono:
- Cassa Forense o Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (CNPAF)
- Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (CIPAG)
- Cassa Ragionieri e Periti Commerciali
- Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (CNPADC)
- Cassa Biologi (ENPAB)
- Cassa dei Farmacisti (ENPAF)
- Cassa Agrotecnici e Periti Agrari (ENPAIA)
- Cassa Medici (ENPAM)
- Cassa Psicologi (ENPAP)
- Cassa Veterinari (ENPAV)
- Cassa Dottori Agronomi, Forestali, Attuari, Chimici, Geologi (EPAP)
- Cassa Ingegneri e Architetti (INARCASSA)
- Cassa Giornalisti e Liberi Professionisti (INPGI)
- Cassa Infermieri, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (ENPAPI)
La pensione per i professionisti senza cassa: Gestione separata INPS
Se si è invece, liberi professionisti per cui non esiste una specifica cassa previdenziale, si ha l’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS. La Gestione Separata INPS è il fondo pensionistico a cui si devono registrare i lavoratori autonomi e i liberi professionisti senza cassa.
Le prestazioni pensionistiche che vengono riconosciute versando i contributi alla gestione separata INPS sono la pensione anticipata, la pensione di vecchiaia, la pensione di reversibilità, l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità.
Per quanto concerne i professionisti iscritti alla Gestione separata, si ricorda che l’onere contributivo è a carico degli stessi e il versamento deve essere eseguito, tramite modello “F24” telematico, alle scadenze fiscali previste per il pagamento delle imposte sui redditi.
L’aliquota contributiva per il calcolo dei contributi da versare alla gestione separata INPS è pari a:
- 25,72% per i liberi professionisti con partita IVA;
- 33,72% per i collaboratori e le figure assimilate;
- 24% per professionisti o collaboratori già iscritti ad altro fondo obbligatorio, o titolari di pensione.
Tassazione e Regime Forfettario: il calcolo del reddito imponibile nel Regime Forfettario e tasse da versare
Scritto da NPLa tassazione del regime forfettario prevede un’aliquota sostitutiva del 15%, ovvero un’imposta che va a sostituirsi a IRPEF/ IRAP e addizionali comunali e regionali. Inoltre, per i primi 5 anni, per chi avvia una nuova attività, l’aliquota è ridotta al 5%. È importante sottolineare che con tale regime, il reddito sul quale applicare l’aliquota sostitutiva è determinato a forfait in modo forfettario tramite appositi coefficienti.
Per calcolare il REDDITO IMPONIBILE nel regime occorre pertanto conoscere il codice ATECO attribuito alla propria attività, da applicare al totale dei compensi / ricavi conseguiti (effettivamente incassati.
Alcune tipologie di attività e coefficiente di reddittività
- Industrie alimentari e delle bevande (codici attività 10 e 11) coefficiente di redditività del 40%;
- Commercio all'ingrosso e al dettaglio (codici attività 45, da 46.2 a 46.9, da 47.1 a 47.7, 47.9), coefficiente di redditività del 40%;
- Costruzioni e attività immobiliari (codici attività 41, 42, 43, 68), coefficiente di redditività del 86%;
- Servizi di alloggio e di ristorazione (codici attività 55 e 56), coefficiente di redditività del 40%;
- Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi (codice attività da 64 a 66, da 69 a 75, da 85 a 88), coefficiente di redditività del 78%.
Qui la tabella per consultare tutte le tipologie di attività con i relativi codici ATECO e relativi coefficienti di redditività.
Una volta determinati i ricavi dell’anno di riferimento e individuato il coefficiente corrispondente al proprio codice ATECO, basta moltiplicare quest’ultimo ai ricavi per ottenere il reddito lordo.
Le spese deducibili nel regime forfettario
Il regime forfettario non permette di dedurre dal reddito le spese sostenute per l’attività. L’unica deduzione è costituita dai contributi previdenziali versati nell’anno di riferimento.
Vi riportiamo un esempio numerico per rendere i vostri calcoli veloci, in presenza di un fatturato costante per almeno 2 esercizi consecutivi.
Settore di attività professionale – Architetto
Reddito totale (fatture emesse ed INCASSATE nell’anno di riferimento) |
23.000,00 |
Coefficiente di reddittività |
78% |
Reddito Lordo (23.000 x 78%) |
17.940,00 |
Detrarre i Contributi Previdenziali versati nell’anno precedente (ipotesi) |
(2601,00) |
Base imponibile |
15.339,00 |
|
|
Imposta sostitutiva al 15% (15.339 x 15%) – dovuta per l’anno di riferimento |
2.301,00 |
In caso ci si trovi invece nella condizione per poter applicare l’imposta sostitutiva del 5%, l’imposta dovuta sarà:
Imposta Sostitutiva 5% (15.339 x 5%) |
767,00 |
L’assegno di natalità ("Bonus Bebè") è un assegno mensile destinato alle famiglie per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo. Si tratta di un assegno mensile concesso fino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso nel nucleo familiare del bambino a seguito di adozione o affidamento preadottivo.
L’assegno spetta a partire dal mese di nascita o di ingresso in famiglia del figlio adottato o affidato. La domanda deve essere presentata entro 90 giorni dalla nascita oppure dalla data di ingresso del minore nel nucleo familiare, a seguito dell’adozione o dell’affidamento preadottivo.
Se la domanda è presentata oltre i 90 giorni, l’assegno decorre dal mese di presentazione della domanda (con perdita delle mensilità precedenti).
QUANTO SPETTA
La misura dell’assegno per i nati, adottati, in affidamento preadottivo nel 2021, dipende in presenza di un ISEE in corso di validità.
- in presenza di ISEE non superiore a 7.000 euro annui l’assegno di natalità è pari a 1.920 euro annui o 2.304 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, a 160 euro al mese (primo figlio) o 192 euro al mese (figlio successivo al primo);
- se l’ISEE è superiore a 7.000 euro annui, ma non superiore a 40.000 euro, l’assegno di natalità è pari a 1.440 euro annui o 1.728 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, 120 euro al mese (primo figlio) o 144 euro al mese (figlio successivo al primo);
- qualora l’ISEE sia superiore a 40.000 euro l’assegno di natalità è pari a 960 euro annui o 1.152 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, 80 euro al mese (primo figlio) o a 96 euro al mese (figlio successivo al primo).
NB: Il bonus bebè può essere richiesto anche senza l’indicatore ISEE.
COME FARE LA DOMANDA
La domanda di assegno si presenta all’INPS, di regola una sola volta per ogni figlio attraverso il servizio online dedicato, che permette di visualizzarne anche l'esito. Per usufruire del servizio è necessario selezionare l’area “Tutti i servizi” e poi accedere con le proprie credenziali al servizio Assegno di natalità - Bonus Bebè (Cittadino).
Confermato per il 2021 e il 2022 il credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari effettuati su giornali, quotidiani, anche in formato digitale, radio, TV.
Cosa fare per accedere al credito?
Passo 1) Programmare e realizzare investimenti pubblicitari nel corso dell’anno 2021.
Passo 2) Prenotazione
Spese da indicare: spese pubblicità effettuate o che si prevede di effettuare nel 2021 su giornali, quotidiani (anche digitali) radio, emittenti televisive;
Spese che NON beneficiano del credito: spese sostenute su testate NON giornalistiche registrate al Tribunale con un direttore responsabile di riferimento.
Quando: dal 01 al 31 marzo 2021
Come: servizi telematici agenzia entrate
Ammontare credito:
- Spese pubblicità su giornali e quotidiani: 50% valore dell’investimento pubblicitario;
- Spese pubblicità su radio, emittenti televisive: 75% del valore incrementale, determinato dalla differenza tra le spese sostenute nel 2021 e le spese sostenute nel 2020 per lo stesso mezzo d’informazione. Si avrà diritto al credito, SOLO in caso di incremento dell’1% rispetto alla spesa sostenuta nel 2020 per lo stesso mezzo di informazione.
Passo 3) Dichiarazione
Presentazione modello: dichiarazione sostitutiva
Dal 1 al 31 gennaio 2022 bisognerà presentare un nuovo modello con l’importo effettivamente sostenuto per le spese di pubblicità.
E-commerce e Brexit – cambiano le procedure per la cessione dei beni ai consumatori finali
Scritto da NPL’uscita del UK dall’Unione Europea condiziona anche il mercato delle vendite online rivolto ai consumatori finali (B2C). Vengono riorganizzate le operazioni che riguardano le cessioni dirette o tramite market place e la corretta gestione dei resi. Il tutto da coordinarsi con le tempistiche veloci di consegna che caratterizzano principalmente questo settore. Dal 1° gennaio i venditori sono assoggettati agli adempimenti doganali per l’esportazione dall’Ue e la relativa importazione in UK, in quanto non è il consumatore finale a curare le operazioni di import.
Per le vendite online, l’operatore Ue dovrà ottenere il codice Eori GB assumendo una posizione in UK e una volta importate le merci in Gran Bretagna, dovrà assoggettarle a iva interna che ricadrà sul consumatore finale.
Le medesime disposizioni si applicano per le vendite tramite market place: la cessione interna viene fatta al market place e quest’ultimo provvederà alla successiva cessione del bene al cliente finale.
In entrambi i casi si può attivare il regime sospensivo del deposito doganale, costruendosi uno stock di prossimità in UK con sospensione dei diritti di confine, fino al momento della consegna del bene al consumatore finale. Il tutto per garantire tempestività nella consegna dei beni e per ridurre l’anticipazione dei carichi impositivi.
Per legge i consumatori hanno il diritto di recesso sull’acquisto del bene senza imposizione di alcun onere aggiuntivo. Il servizio del reso prevede un’apposita procedura doganale per la gestione dell’esportazione dal UK all’Ue e una reintroduzione in franchigia presso la dogana Ue del fornitore.
L’operazione della reintroduzione in franchigia viene disciplinata da una procedura rigida con controllo fisico di ogni bene per riconciliare il bene precedente con quello reintrodotto. A tal proposito l’agenzia delle dogane, per il mondo e-commerce, ha rilasciato un’autorizzazione che rende immediato il controllo per la reintroduzione in franchigia dei resi, favorendone lo svincolo immediato. Si tratta di un’autorizzazione legata al grado di affidabilità del fornitore e la sua capacità di riconciliare in automatico il bene reintrodotto con il bene esportato.
MOSS: le novità per il commercio elettronico indiretto
Scritto da NPA partire dal 1° luglio 2021, in seguito alla Direttiva UE n. 2455 del 05/12/2017, verranno introdotte importanti novità per quanto riguarda il commercio elettronico indiretto realizzato nel territorio dell’Unione europea; per commercio elettronico indiretto si intende quello per il quale ordine e pagamento di beni materiali avvengono in via telematica, mentre la consegna è effettuata attraverso i canali tradizionali (corriere). Per intenderci, tutti i servizi elettronici B2C (business to consumer).
In particolare, fino ad una soglia minima di vendite pari a 10.000 EUR – uniformata ora per ogni Paese – l’Iva sarà dovuta nel Paese del cedente, mentre in caso di superamento del limite citato (per ogni Paese), da tale momento l’imposta si applicherà nel Paese dove è stabilito il cessionario.
Per evitare che il venditore debba identificarsi ai fini Iva presso ogni Paese europeo verso il quale ha superato la soglia di 10.000 EUR di vendite, è prevista la possibilità di registrarsi al MOSS (Mini One Stop Shop) attraverso l’Agenzia delle entrate. In pratica, basterà inviare una dichiarazione trimestrale riepilogativa delle vendite effettuate in ciascun Paese europeo e versare l’imposta direttamene in Italia, provvederà poi l’Agenzia entrate a distribuire agli Stati membri l’Iva di loro competenza.
Il regime è facoltativo ma se si decide di avvalersene il soggetto passivo dovrà applicarlo in tutti gli Stati membri.
Lettere d’intento – non sanzionato il cedente che prova di aver fatto verifiche adeguate
Scritto da NPColoro che forniscono beni e servizi ad esportatori abituali, emettono le relative fatture di vendita senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 8 - primo comma - lettera c) del DPR 633/1972. Affinché possa essere applicata l’esclusione dall’Iva, il cessionario deve fornire al cedente in modalità telematica e tramite apposito servizio fornito dall’Agenzia delle entrate, un’apposita dichiarazione di intento, dalla quale risultino gli elementi richiesti dalla legge.
L’Agenzia delle entrate pone a carico del cessionario l’obbligo di accertare la veridicità non solo della dichiarazione d’intento (verificabile tramite apposita funzione dal Cassetto fiscale), ma anche dei presupposti soggettivi in essa dichiarati e necessari per la qualifica di esportatore abituale, al fine di evitare la contestazione di indebita emissione di fattura in sospensione d’imposta. Questo secondo tipo di controllo non sempre è possibile, a causa della mancanza di dati e notizie relative al cliente che richiede di acquistare senza applicazione dell’imposta.
In merito, una recente sentenza della Ctr di Milano (n. 3175 depositata il 24/12/2020) ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia entrate nei confronti di una precedente sentenza che la vedeva soccombente verso un contribuente fornitore di un esportatore abituale, al quale era stata contestata l’indebita emissione di fatture non imponibili a fronte di dichiarazioni di intento ideologicamente false emesse dal proprio cliente.
Con la citata sentenza, la Ctr ha accolto il ricorso del contribuente, affermando che l’intensità del controllo che può essere preteso dal cedente sulle dichiarazioni di intento, non può eccedere ciò che ragionevolmente è richiesto a un operatore commerciale.
Prendendo spunto da questa vicenda, i controlli e la procedura che il cedente deve mettere in atto prima di accettare la richiesta avanzata dal proprio cliente possono essere così sintetizzati:
- richiedere visura camerale e copia, se presente, dell’ultimo bilancio d’esercizio;
- richiedere copia dell’ultima dichiarazione Iva annuale con relativa ricevuta di presentazione;
- procedere alla cessione/prestazione solo dopo aver acquisito la suddetta documentazione e la dichiarazione di intento, della quale sia stata anche accertata l’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle entrate.
Altro...
Regime forfettario e partecipazioni in società di persone o di capitali
Scritto da NPNon possono partecipare al regime forfettario i soggetti che esercitano attività d’impresa o lavoro autonomo e che contemporaneamente partecipano in società di persone, associazioni professionali ed imprese familiari.
La limitazione vale anche per coloro che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata (SRL) o associazioni di partecipazione. In tal caso si deve trattare di partecipazioni in società che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
Per finire, non possono partecipare al regime forfettario coloro che partecipano contemporaneamente ad associazioni in partecipazione.
Controllo in Società di Capitali
Il controllo di società di capitali si intende nel momento in cui vi è una partecipazione qualificata ai sensi del art. 67 del DPR n 917/86.
Ovvero per le società quotate, si ha una un possesso superiore al 2% dei diritti di voto in Assemblea Ordinaria oppure un possesso superiore al 5% del capitale sociale.
Per le società non quotate, il controllo si intende quando si ha un possesso superiore al 20% dei diritti di voto in Assemblea Ordinaria oppure un possesso superiore al 25% del capitale sociale.
Le cause di esclusione si devono verificare nell’anno di applicazione del regime forfettario.
SRL e attività riconducibili a quelle svolte in regime forfettario
Opera l’esclusione dal regime forfettario per coloro che partecipano in una SRL solo nel momento in cui le due attività svolte siano in collegamento tra di loro. La normativa precisa che vi deve essere l’esercizio nel SRL di attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti di attività di impresa, arti o professioni.
Affinché trovi riscontro l’esclusione dal regime forfettario è necessario che si ravvisi sia il controllo, che l’esercizio di attività riconducibile a quella svolta in regime di vantaggio.
Una prima soluzione potrebbe essere la verifica della presenza del medesimo Codice ATECO della SRL e del socio con Partita Iva forfettaria. Allo stesso tempo deve però verificarsi un secondo requisito, ovvero la verifica dell’attività concretamente svolta dalla SRL e dal Socio che vuole operare in regime forfettario. Si deve pertanto trattare di un’attività collegata.
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In merito al tema sulla vaccinazione contro il COVID-19, il Garante Privacy è intervenuto chiarendo alcuni dubbi e incentrando la sua risposta sul trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo, chiarendo la posizione dei lavoratori e quello che il datore di lavoro può o non può fare, con lo scopo di prevenire violazioni sulla normativa del trattamento dei dati personali.
Il Garante Privacy ha confermato che il datore di lavoro non può chiedere informazioni ai propri dipendenti sull’avvenuta o meno vaccinazione, in quanto non c’è la normativa che lo preveda. Il datore di lavoro non può nemmeno trattare questi dati senza il consenso del dipendente, chiedendo autonomamente al medico competente i dipendenti vaccinati.
Per quanto riguarda invece i lavoratori delle professioni sanitarie, la conferma dell’avvenuta vaccinazione contro il COVID-19 può essere richiesta a coloro che lavorano nel settore sanitario per accedere ai luoghi di lavoro e per svolgere le proprie prestazioni.
Intanto il Garante Privacy ha ribadito che non essendoci un obbligo di legge per la vaccinazione, a quest’ultima categoria di lavoratori sono applicabili misure speciali di protezione, previsti per alcuni ambienti lavorativi. I dati sulla vaccinazione possono essere trattati solo dal medico competente per garantire l’idoneità alla mansione specifica. Al datore di lavoro verrà solo comunicato dal medico, in caso di giudizio di inidoneità, parziale/temporanea alla mansione del lavoratore.
Adempimenti in dogana, sei mesi di periodo transitorio
Scritto da NPPer le operazioni di importazione dei beni in UK ritornano le frontiere con l’obbligo per tutti gli operatori dell’Unione Europea di predisporre la dichiarazione doganale ed effettuare il relativo pagamento dei diritti di confine. Considerato che l’accordo è stato raggiunto il 24 dicembre 2020 è stato introdotto un periodo transitorio speciale per differire fino a luglio gli adempimenti doganali e i debiti daziari.
Nel frattempo, è anche possibile liquidare l’iva direttamente nella dichiarazione periodica.
Come già detto le regole speciali avranno una durata di sei mesi anche per far fronte ai disagi collegati alla pandemia e rivolti principalmente agli operatori economici con sede nel Regno Unito. Per quanto riguarda i non residenti ci sono ulteriori specifiche regole di identificazione da presentare in dogana.
Dal 1° gennaio al 1° luglio 2021 le agevolazioni riguardano tutti gli standard goods, come abbigliamento e alimentari e tutti quelli che non rientrano nella lista dei “controlled goods”, ovvero merci soggetti ad accise come medicinali, merci sottoposte a controlli sanitari e i prodotti come l’acqua in bottiglia.
Per gli standard goods dal 1° gennaio 2021 bisogna presentare una dichiarazione doganale con un differimento temporale di sei mesi e la possibilità di effettuare il pagamento contestualmente alla presentazione della dichiarazione. Mentre da aprile per le importazioni di prodotti di origine animale e gli animali vivi occorre ottenere una pre-notifica e avere con sé la documentazione sanitaria e fitosanitaria.
Dal 1° luglio, invece, la movimentazione dei beni sarà soggetta a presentazione in dogana di dichiarazioni complete sui beni in oggetto e al pagamento dei diritti di confine. Inoltre, bisognerà presentare le dichiarazioni di sicurezza e prepararsi ai controlli fisici della merce.
Per poter importare beni in UK l’operatore si deve dotare del codice Eori Gb, con richiesta online diretta all’amministrazione finanziaria inglese (tramite il sito del governo Uk, all’indirizzo https://www.gov.uk/eori). Il codice Eori Gb non va richiesto da chi si affida per l'importazione al cliente inglese.
Operatori registrati ai fini iva in UK
Agli operatori registrati ai fini IVA in Gran Bretagna è concesso di contabilizzare e saldare l’IVA all’importazione in dichiarazione trimestrale se le merci importate sono impiegate nell’attività dell’importatore, se nella dichiarazione doganale è presente il codice Eori dell’importatore e se è indicata la sua partita Iva.
Dazi
Nel momento in cui si effettuano importazioni di merci non originarie del Regno Unito e dell’Unione Europea, esse saranno soggette a dazi. Dal 1° gennaio viene concesso agli operatori di differire il pagamento, se si qualificano per il Dda, cioè il Duty Deferment Account che permette di pagare mensilmente le operazioni doganali. Il differimento è previsto fino ad un importo massimo di 10.000 euro mensili. Superata la soglia bisognerà rilasciare una garanzia bancaria.
Tale benefico viene concesso ai soli residenti o gli operatori che abbiano una filiale o una stabile organizzazione sul territorio inglese.