Il richiamo e la sostituzione dei prodotti difettosi sono esclusi da IVA
Le sostituzioni di prodotti o di parti difettose degli stessi non costituiscono operazioni imponibili ai fini IVA nel presupposto che le stesse siano effettuate in esecuzione di un’obbligazione contrattuale o di specifici adempimenti normativi e che non sussista un corrispettivo, in quanto il prezzo di vendita dei beni, già assoggettato a imposta, è comprensivo anche di eventuali cessioni in sostituzione. È questo, in estrema sintesi, uno dei chiarimenti contenuti nella risposta a interpello n. 304, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate.
Il caso posto all’esame dell’Amministrazione finanziaria concerne una società che ha ceduto impianti a soggetti privati o a “Dealers” (rivenditori), che, a loro volta, hanno venduto i beni ai propri clienti. Nel prezzo corrisposto dai cessionari è stato stabilito che fossero comprese anche eventuali prestazioni di manutenzione o sostituzione degli impianti difettosi o pericolosi.
In conseguenza di difetti strutturali da cui potevano derivare pericoli per il consumatore, la società produttrice ha quindi posto in essere una campagna di richiamo e sostituzione degli impianti con nuovi prodotti del medesimo tipo, senza alcun esborso per il cliente o per i “Dealers”.
L’Agenzia delle Entrate conferma con la risposta n. 304/2023, che sono irrilevanti, ai fini IVA, anche qualora avvengano al di fuori della garanzia, le operazioni di richiamo e sostituzione di beni difettosi, laddove:
- l’intervento avvenga in adempimento di specifici obblighi normativi che impongono al produttore di sostituire il prodotto “con uno identico, non pericoloso ed idoneo all’uso”;
- nel prezzo originario di vendita siano compresi gli oneri e le spese inerenti alle operazioni di sostituzione.
Inoltre, in considerazione dell’esclusione dall’ambito di applicazione dell’IVA, le operazioni in esame non devono essere oggetto di documentazione tramite emissione di fattura ex art. 21 del DPR 633/72.
L’Amministrazione finanziaria, nel documento di prassi, precisa che qualora i beni fossero destinati a un altro Paese membro, non si realizzerebbe una cessione intra Ue e non sussisterebbe obbligo di presentazione degli elenchi Intrastat “neppure ai fini statistici (...) a nulla influendo la restituzione o meno dei beni da sostituire”.
Lettere d’intento – non sanzionato il cedente che prova di aver fatto verifiche adeguate
Coloro che forniscono beni e servizi ad esportatori abituali, emettono le relative fatture di vendita senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 8 - primo comma - lettera c) del DPR 633/1972. Affinché possa essere applicata l’esclusione dall’Iva, il cessionario deve fornire al cedente in modalità telematica e tramite apposito servizio fornito dall’Agenzia delle entrate, un’apposita dichiarazione di intento, dalla quale risultino gli elementi richiesti dalla legge.
L’Agenzia delle entrate pone a carico del cessionario l’obbligo di accertare la veridicità non solo della dichiarazione d’intento (verificabile tramite apposita funzione dal Cassetto fiscale), ma anche dei presupposti soggettivi in essa dichiarati e necessari per la qualifica di esportatore abituale, al fine di evitare la contestazione di indebita emissione di fattura in sospensione d’imposta. Questo secondo tipo di controllo non sempre è possibile, a causa della mancanza di dati e notizie relative al cliente che richiede di acquistare senza applicazione dell’imposta.
In merito, una recente sentenza della Ctr di Milano (n. 3175 depositata il 24/12/2020) ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia entrate nei confronti di una precedente sentenza che la vedeva soccombente verso un contribuente fornitore di un esportatore abituale, al quale era stata contestata l’indebita emissione di fatture non imponibili a fronte di dichiarazioni di intento ideologicamente false emesse dal proprio cliente.
Con la citata sentenza, la Ctr ha accolto il ricorso del contribuente, affermando che l’intensità del controllo che può essere preteso dal cedente sulle dichiarazioni di intento, non può eccedere ciò che ragionevolmente è richiesto a un operatore commerciale.
Prendendo spunto da questa vicenda, i controlli e la procedura che il cedente deve mettere in atto prima di accettare la richiesta avanzata dal proprio cliente possono essere così sintetizzati:
- richiedere visura camerale e copia, se presente, dell’ultimo bilancio d’esercizio;
- richiedere copia dell’ultima dichiarazione Iva annuale con relativa ricevuta di presentazione;
- procedere alla cessione/prestazione solo dopo aver acquisito la suddetta documentazione e la dichiarazione di intento, della quale sia stata anche accertata l’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle entrate.