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Con la circ. n. 19, l’INPS ha indicato le misure delle aliquote, gli importi reddituali (massimale e minimale di reddito), nonché le modalità di calcolo e versamento dei contributi dovuti per il 2023 dagli iscritti alle Gestioni speciali artigiani ed esercenti attività commerciali.

Va subito evidenziato come, in seguito alla variazione in aumento dell’8,1% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo riferita al biennio 2021/2022, i valori che riguardano il minimale e il massimale di reddito, utili ai fini del calcolo della contribuzione dovuta per il 2023, risultino notevolmente incrementati rispetto allo scorso anno.

Infatti, il minimale di reddito da prendere in considerazione per quest’anno ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto da artigiani e commercianti, risulta pari a 17.504 euro (erano 16.243 euro lo scorso anno), mentre il massimale di reddito ammonta a 86.983 euro (80.465 euro nel 2022) per coloro che si sono iscritti alle Gestioni prima del 1° gennaio 1996, ovvero a 113.520 euro (erano 105.014 euro lo scorso anno) per coloro che si sono iscritti a partire da tale data.

In pratica, per gli iscritti alla Gestione commercianti l’aliquota complessiva è pari al 24,48%, mentre per gli iscritti alla Gestione artigiani la misura si colloca al 24%.

I valori delle aliquote si riducono invece del 50% nel caso di iscritti con più di 65 anni di età (art. 59 comma 15 della L. 449/97), mentre per i coadiuvanti con età non superiore a 21 anni, le aliquote sono fissate nella misura del 23,25% per gli artigiani (22,80% lo scorso anno) e del 23,73% per gli iscritti alla Gestione commercianti (23,38% nel 2022).

Infine, si conferma il contributo aggiuntivo per le prestazioni di maternità ex art. 49 della L. 488/99, fissato nella misura di 0,62 euro mensili (7,44 euro su base annuale).

Tutto ciò premesso, il contributo calcolato sul minimale di reddito per il 2023 risulta così determinato: per i titolari di qualunque età e coadiuvanti di età superiore ai 21 anni, l’importo è pari a 4.208,40 euro annui (4.077,12 euro per i coadiuvanti “under 21”) per gli iscritti alla Gestione artigiani, ovvero pari 4.292,42 euro (4.161,14 euro per i coadiuvanti con meno di 21 anni) per gli esercenti attività commerciali.

Sulla base dei predetti valori è poi possibile calcolare gli importi per i periodi inferiori all’anno solare. In pratica, il contributo sul minimale risulta pari a 350,70 euro mensili per gli artigiani (339,76 euro per i coadiuvanti con età inferiore ai 21 anni) e a 357,70 euro per gli esercenti attività commerciali (346,76 euro per i coadiuvanti con età inferiore ai 21 anni).

Per quanto riguarda, invece, il versamento dei contributi, che dovrà essere effettuato utilizzando il modello F24, nella circolare in commento si precisa che quelli dovuti sul minimale di reddito dovranno essere versati in 4 rate, alle scadenze del 16 maggio, 21 agosto, 16 novembre del 2023 e del 16 febbraio 2024.

Invece, i pagamenti dei contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale, a titolo di saldo 2022, primo e secondo acconto 2023, dovranno essere effettuati in occasione dei consueti versamenti IRPEF.

Sabato, 15 Ottobre 2022 17:08

Utility token - Trattamento ai fini IVA

Trattamento degli utility token, che sono legati alla possibilità di acquistare determinati prodotti o servizi. Può accadere, però, che l'acquirente dell'utility token non intenda fruire delle prestazioni offerte, optando, ad esempio, per la detenzione dello strumento a fronte di un incremento di valore dello stesso, o per la sua rivendita al fine di ottenere criptoattività o moneta fiat.

Per quanto attiene agli utility token, la risposta a interpello 12.10.2022 n. 507, aderendo alle indicazioni contenute nei Working paper n. 983/2019 e n. 993/2020, emanati dal Comitato IVA istituito nella Commissione UE, ha fornito un'interpretazione che si discosta in parte dai propri precedenti documenti di prassi e, in particolare, dalla risposta a interpello 28.9.2018 n. 14, nella quale gli utility token venivano sostanzialmente equiparati ai voucher.

Il Comitato IVA ha affermato (WP nn. 983/2019 e 993/2020) che, laddove l'utility token muti la propria natura successivamente all'emissione, assumendo prima la veste di titolo per la fruizione di un bene o servizio e, successivamente, quella di bene di investimento o moneta virtuale, non sarà possibile assimilare lo strumento ai buoni-corrispettivo.

Tale trasformazione non consentirebbe, infatti, il verificarsi delle condizioni previste per l'esistenza di un voucher.

Tale trasformazione non consentirebbe, infatti, il verificarsi delle condizioni previste per l'esistenza di un voucher (in alcuni casi, ad esempio, non sarebbe presente un sufficiente grado di dettaglio dei beni o servizi cui lo stesso token dà diritto o, come nel caso di specie, non sarebbe conoscibile "l'identità dei fornitori che partecipano alla filiera").

Ne discende, quindi, la possibile assimilazione degli utility token ai documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c., i quali conferiscono al portatore il diritto di ottenere dall'emittente una prestazione ad un prezzo ridotto rispetto a quello proposto normalmente. La relativa cessione rappresenterebbe una "mera movimentazione finanziaria", non rilevante ai fini dell'IVA.

Nel momento in cui il possessore decidesse di utilizzare il token per l'acquisto del servizio beneficiando del prezzo scontato, l'operazione sarebbe, invece, soggetta a IVA con l'aliquota propria della prestazione ricevuta; in tal caso, occorrerà tener conto sia dello status del committente sia del territorio in cui lo stesso è stabilito.

Sabato, 15 Ottobre 2022 17:08

Utility token - Trattamento ai fini IVA

Trattamento degli utility token, che sono legati alla possibilità di acquistare determinati prodotti o servizi. Può accadere, però, che l'acquirente dell'utility token non intenda fruire delle prestazioni offerte, optando, ad esempio, per la detenzione dello strumento a fronte di un incremento di valore dello stesso, o per la sua rivendita al fine di ottenere criptoattività o moneta fiat.

Per quanto attiene agli utility token, la risposta a interpello 12.10.2022 n. 507, aderendo alle indicazioni contenute nei Working paper n. 983/2019 e n. 993/2020, emanati dal Comitato IVA istituito nella Commissione UE, ha fornito un'interpretazione che si discosta in parte dai propri precedenti documenti di prassi e, in particolare, dalla risposta a interpello 28.9.2018 n. 14, nella quale gli utility token venivano sostanzialmente equiparati ai voucher.

Il Comitato IVA ha affermato (WP nn. 983/2019 e 993/2020) che, laddove l'utility token muti la propria natura successivamente all'emissione, assumendo prima la veste di titolo per la fruizione di un bene o servizio e, successivamente, quella di bene di investimento o moneta virtuale, non sarà possibile assimilare lo strumento ai buoni-corrispettivo.

Tale trasformazione non consentirebbe, infatti, il verificarsi delle condizioni previste per l'esistenza di un voucher.

Tale trasformazione non consentirebbe, infatti, il verificarsi delle condizioni previste per l'esistenza di un voucher (in alcuni casi, ad esempio, non sarebbe presente un sufficiente grado di dettaglio dei beni o servizi cui lo stesso token dà diritto o, come nel caso di specie, non sarebbe conoscibile "l'identità dei fornitori che partecipano alla filiera").

Ne discende, quindi, la possibile assimilazione degli utility token ai documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c., i quali conferiscono al portatore il diritto di ottenere dall'emittente una prestazione ad un prezzo ridotto rispetto a quello proposto normalmente. La relativa cessione rappresenterebbe una "mera movimentazione finanziaria", non rilevante ai fini dell'IVA.

Nel momento in cui il possessore decidesse di utilizzare il token per l'acquisto del servizio beneficiando del prezzo scontato, l'operazione sarebbe, invece, soggetta a IVA con l'aliquota propria della prestazione ricevuta; in tal caso, occorrerà tener conto sia dello status del committente sia del territorio in cui lo stesso è stabilito.

Con il messaggio 30.5.2022 n. 2260, l'INPS è intervenuto con riferimento all'indennità di disoccupazione per i lavoratori autonomi dello spettacolo denominata ALAS, DL "Sostegni-bis". Con l'occasione, l'Istituto previdenziale ha illustrato alcuni aspetti contributivi direttamente collegati al finanziamento della prestazione.

Destinatari

Secondo quanto precisato nel messaggio in parola, possono beneficiare della prestazione in argomento:

- i lavoratori autonomi dello spettacolo che prestano a tempo determinato attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli;

- i lavoratori autonomi dello spettacolo che prestano a tempo determinato attività diverse;

- i lavoratori autonomi esercenti attività musicali.

Requisiti

Per avere diritto all'indennità in argomento, i predetti lavoratori devono avere cessato involontariamente il rapporto di lavoro autonomo e possedere i seguenti requisiti:

- non avere in corso rapporti di lavoro autonomo o subordinato;

- non essere titolari di trattamento pensionistico diretto a carico di gestioni previdenziali obbligatorie;

- non essere beneficiari di Reddito di cittadinanza di cui al DL 4/2019;

- avere maturato, nel periodo che va dal 1° gennaio dell'anno civile precedente la conclusione dell'ultimo rapporto di lavoro autonomo alla data di presentazione della domanda di indennità, almeno 15 giornate di contribuzione versata o accreditata al FPLS;

- avere un reddito relativo all'anno civile precedente alla presentazione della domanda non superiore a 35.000,00 euro.

Aliquota di finanziamento

L'INPS ricorda che l'art. 66 co. 14 del DL 73/2021 prevede, con decorrenza dall'1.1.2022, l'applicazione di un'aliquota contributiva pari al 2% sul compenso lordo giornaliero, con conseguente versamento presso la Gestione prestazioni temporanee di cui all'art. 24 della L. 88/89.

Per quanto riguarda l'impatto sulla contribuzione ALAS delle riduzioni degli oneri sociali previste dall'art. 120 della L. 388/2000 e dall'art. 1 co. 361 e 362 della L. 266/2005 con riferimento alla Gestione prestazioni temporanee di cui all'art. 24 della L. 88/89, l'INPS chiarisce innanzitutto che per i datori di lavoro/committenti che instaurano rapporti di lavoro autonomo con soggetti per i quali è previsto l'obbligo di assicurazione al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, la misura della contribuzione ALAS è pari all'1,06% dell'imponibile contributivo, mentre il contributo di finanziamento dell'assicurazione di malattia - fino al 31.12.2021 dovuto nella misura dell'1,28%, in quanto oggetto di riduzione - è calcolato nella misura piena del 2,22%.

Diversamente, precisa l'INPS, per i lavoratori autonomi esercenti attività musicali e per le Pubbliche Amministrazioni, il contributo ALAS è dovuto nella misura piena del 2% in quanto si tratta di soggetti che non beneficiano delle predette riduzioni.

Aspetti operativi

Con il messaggio in esame, l'INPS rende noto che le procedure di calcolo che supportano la gestione dei flussi UniEmens sono adeguate a partire dal mese di competenza maggio 2022. Pertanto, al fine di ottemperare al versamento della corretta contribuzione minore dovuta per i mesi di competenza gennaio 2022 - aprile 2022, i soggetti interessati valorizzeranno nel flusso UniEmens, all'interno di "DenunciaIndividuale", "DatiRetributivi", "AltreADebito" e "CausaleADebito", il codice di nuova istituzione "M219".

Invece, nell'elemento "AltroImponibile" sarà indicato l'imponibile soggetto a contribuzione e nell'elemento "ImportoADebito" l'importo della differenza di contribuzione minore dovuta.

Dal 1° gennaio di quest’anno il limite per i pagamenti in contante e, più in generale, per i trasferimenti a qualsiasi titolo tra soggetti diversi di denaro contante, non è più di 999,99 euro (soglia di 1.000,00 euro) ma resta quello di 1.999,99 euro (soglia di 2.000 euro) e sarà così fino al 1° gennaio 2023, quando la riduzione in questione dovrebbe diventare operativa.
A prevederlo è il Ddl “Milleproroghe”. Il limite in questione, vale anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiano artificiosamente frazionati.

Dal momento che non sembra essersi in presenza di un innalzamento della soglia, ma di una previsione che, “retroattivamente”, lascia invariata la soglia stessa, nessun rischio sanzionatorio si dovrebbe porre per coloro che, tra il 1° gennaio 2022 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del DL “Milleproroghe”, dovessero aver utilizzato contanti per importi compresi tra 1.000 e 1.999,99 euro. Si ricorda, infatti, che, in materia, in assenza di differenti indicazioni normative.
Alle violazioni della disciplina dei contanti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro. Per le violazioni che riguardano importi superiori a 250.000 euro, invece, la sanzione è quintuplicata nel minimo e nel massimo edittali.

L’improvvisa marcia indietro rispetto ai limiti all’utilizzo del contante, peraltro, è, al momento, priva di coordinamento con le indicazioni fornite in ordine ai minimi edittali. Per esigenze di coerenza sistematica rispetto alla progressiva riduzione sopra ricordata, infatti, si è stabilito che, per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 il minimo edittale è pari a 2.000 euro. Per le violazioni commesse e contestate a decorrere dal 1° gennaio 2022, invece, il predetto minimo edittale è ulteriormente abbassato a 1.000 euro. Questa norma non risulta (ancora) modificata.
Per le violazioni commesse dal 1° gennaio 2022, quindi, nonostante la soglia sia stata riportata a 2.000 euro, appare operativo il minimo edittale di 1.000 euro.
 

turisti stranieri (anche appartenenti alla Ue o allo Spazio economico europeo), inoltre, possono effettuare acquisti in contanti entro il limite di 15.000 euro. Si ricorda, infine, che i limiti all’utilizzo del denaro contante presentano ricadute anche per i professionisti, che sono obbligati a comunicare alle competenti Ragionerie territoriali dello Stato le infrazioni alle violazioni dei limiti di utilizzo del denaro contante delle quali acquisiscano notizia nello svolgimento della propria attività.

In Gazzetta Ufficiale la legge di bilancio che esclude dal tributo imprenditori e professionisti che esercitano l’attività in forma individuale

La legge di bilancio 2022 conferma, senza modifiche, l’esclusione da IRAP, a decorrere dal periodo d’imposta 2022, per le persone fisiche esercenti attività commerciali e arti e professioni. Viene così sancita per legge la tanto auspicata esclusione dal tributo per imprenditori e professionisti che esercitano l’attività in forma individuale.

Gli effetti pratici si avranno solo per gli imprenditori e i professionisti che, a oggi, ancora versano l’imposta, perché dotati di autonoma organizzazione (chi ne è privo è già escluso da imposizione) e non si avvalgono del regime forfetario o di quello di vantaggio.

Questi soggetti, per quanto non più sottoposti a imposta dal 2022, in tale anno dovranno ancora:

- presentare la dichiarazione IRAP 2022 (relativa al 2021) entro il 30 novembre 2022;

- versare il saldo IRAP (relativo al 2021) entro il 30 giugno 2022.

Invece, gli stessi non verseranno più gli acconti IRAP relativi al medesimo 2022, essendo stati soggetti passivi del tributo per l’ultima volta nel 2021.

Continueranno, invece, a essere sottoposti a IRAP tutti gli altri soggetti passivi del tributo, quali:

- le società di capitali, le società cooperative, gli enti commerciali e i soggetti a questi equiparati;

- le società di persone commerciali (snc e sas) e le società a esse equiparate (es. società di armamento e società di fatto);

- gli enti privati non commerciali e le amministrazioni pubbliche.

In assenza di specifiche previsioni legislative, seguiteranno a scontare l’IRAP anche gli studi associati e le associazioni professionali.

Tale circostanza potrebbe indurre in futuro i soci e gli associati, rispettivamente, di società di persone commerciali e studi associati a proseguire l’attività individualmente.

 

In relazione al regime forfetario i soggetti che sono nelle condizioni per applicare il regime agevolato possano scegliere “l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari”, con opzione triennale.

L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto una deroga a tale previsione per gli imprenditori individuali che applicano il regime di contabilità semplificata. Tali documenti di prassi avevano affermato infatti che il regime forfetario e quello di contabilità semplificata per cassa sono entrambi “regimi naturali dei contribuenti minori” per cui è possibile passare al regime forfetario senza attendere il decorso del triennio minimo.

Va peraltro rilevato che, il regime di contabilità semplificata costituisce il regime contabile “naturale” degli esercenti arti e professioni, applicabile indipendentemente dall’ammontare dei compensi percepiti. Il regime di contabilità ordinaria, invece, si adotta a seguito di specifica opzione, in assenza della quale il professionista si considera “naturalmente” in contabilità semplificata.

Sulla base di ciò è stata riconosciuta l’applicabilità del regime forfetario al professionista che aveva adottato per fatti concludenti la contabilità semplificata, pur avendo i requisiti per il forfetario; in tal caso, non si deve “scontare alcun vincolo triennale di permanenza, poiché si realizza di fatto il passaggio tra due «regimi naturali»”.

Sarebbe auspicabile che tale posizione, assolutamente condivisibile, trovasse definitivo accoglimento anche in un documento di prassi della Direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate.

L'acquisto di software che consentono di ridurre i contatti tra il personale e i clienti negli alberghi e nei ristoranti è agevolabile con il credito d'imposta adeguamento.

È agevolabile l’acquisto della licenza di utilizzo di un software di gestione alberghiera utilizzabile ovunque si disponga di una connessione a internet (con gestione in cloud e non su postazione fissa), che consente:
 

  1. alla clientela e al personale di effettuare il check in e il check out e le altre operazioni di front-office reception a distanza, evitando il contatto col personale all’arrivo in struttura e in partenza;
  2. al personale dipendente di poter lavorare da remoto in modalità smart working e di gestire diverse strutture ricettive a distanza contemporaneamente.

 

Sono inoltre agevolati i software da utilizzare nei ristoranti finalizzati alla dematerializzazione dei menu, nonché alla gestione delle comande a distanza e dell’asporto da remoto.
Restano, invece, escluse le spese relative all’acquisto degli hardware che non risultano parte integrante e indispensabile per l’uso dei programmi acquistati.

 

È inoltre escluso l’acquisto di software che consentono di ottimizzare la vendita on line dei servizi offerti alla clientela, non essendo indispensabili per garantire lo svolgimento in sicurezza dell’attività lavorativa.

Il pacchetto IVA sull’e-commerce è stato adottato con l’obiettivo principale di semplificare gli obblighi IVA connessi al commercio elettronico transfrontaliero e di rendere più efficace la riscossione dell’imposta in tale settore.

 

Tra le novità più rilevanti si segnalano:

 

- l’abolizione delle attuali soglie di riferimento per l’applicazione dell’IVA sulle vendite a distanza intracomunitarie e l’introduzione di un’unica soglia a livello Ue, pari a 10.000 euro, al di sopra della quale l’imposta si applica nello Stato di “destinazione”;

- l’estensione del regime speciale MOSS, che viene perciò ri-denominato One Stop Shop (OSS), alla generalità delle prestazioni di servizi B2C, nonché alle vendite a distanza intracomunitarie di beni, consentendo ai fornitori di assolvere l’IVA in un solo Stato membro senza necessità di identificarsi nello Stato di “destinazione”;

- la previsione di un regime analogo (Import One Stop Shop) per le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi;

- la previsione di nuovi obblighi per le interfacce elettroniche che facilitano le vendite a distanza intracomunitarie di beni da parte di soggetti non Ue e le vendite a distanza di beni, importati da territori o Paesi terzi, di valore intrinseco non superiore a 150 euro, al fine di coinvolgerle nella riscossione dell’imposta. Le novità troveranno applicazione dal 1° luglio 2021.

L’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo “6942” per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d’imposta, in favore degli investitori, per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni.

Ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro in una o più società, infatti, è riconosciuto un credito d’imposta del 20% dell’ammontare del conferimento medesimo. Inoltre, il credito d’imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive fino a quando non se ne conclude l’utilizzo nonché, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento, anche in compensazione.

Per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. Il codice tributo “6942” istituito è denominato “Credito d’imposta per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni – investitori – art. 26, c. 4, DL n. 34 del 2020”.

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