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L’Italia muove il primo passo per la regolamentazione degli aspetti (anche) fiscali connessi all’ecosistema delle cripto-attività, per ora limitandosi al mondo delle valute virtuali.

Il disegno di legge è composto da due soli articoli, il primo dei quali mira a fornire una definizione unitaria delle valute virtuali e a regolare alcuni aspetti della disciplina antiriciclaggio; il secondo, invece, ne definisce la disciplina fiscale.

Sotto il primo profilo, si stabilisce che la valuta virtuale consiste in una rappresentazione di valore digitale non emessa, né garantita, da una banca centrale, priva dello status giuridico di valuta o moneta, ma accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e suscettibile di essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente.

La valuta virtuale è infatti una forma di “unità matematica”, da intendersi quale unità minima matematica crittografica, statica o dinamica, suscettibile di rappresentare diritti, con circolazione autonoma.

Sul piano fiscale, l’intervento coinvolge le imposte sui redditi, l’IVAFE e gli obblighi di monitoraggio fiscale.

Le integrazioni e le modifiche che coinvolgono il comparto delle imposte dirette riguardano gli artt. 44, 67 e 68 del TUIR.

Sono particolarmente incisive le disposizioni in materia di redditi diversi di natura finanziaria. Esse partono da un principio base secondo cui il presupposto impositivo non è il “prelievo”, come avviene invece per le valute estere, quanto piuttosto la conversione delle valute virtuali in euro o in valute estere; al contrario, rimarrebbero estranee alla tassazione gli scambi tra valute virtuali (crypto-to-crypto), diversamente da quanto avviene in più ordinamenti esteri.

Comune al regime fiscale dei prelievi (ma, a un’analisi sommaria, solo sotto questo aspetto) è la previsione per cui la tassazione (in presenza dei presupposti di cui sopra) è tale solo se la consistenza complessiva delle valute virtuali sia superiore al controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi.

Per la valorizzazione delle plusvalenze si permetterebbe di utilizzare, in assenza di apposita documentazione circa il costo di acquisto, il cambio utilizzato nell’ultima operazione eseguita dal contribuente in relazione alle medesime valute virtuali o, in sua mancanza, il cambio rilevato all’inizio del periodo d’imposta “da documentazione raccolta a cura del contribuente”.

Occorrerà poi valutare, nell’iter parlamentare, come tale principio si coordini con le modifiche prospettate all’art. 68 del TUIR, per cui il costo o valore di acquisto deve risultare da documentazione di data certa, anche proveniente dalle scritture contabili dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e dei prestatori di servizi di wallet, e per cui (come per le cessioni di metalli preziosi) in assenza della documentazione del costo d’acquisto si considera corrispettivo il 25% dell’ammontare ricevuto in pagamento o in conversione.

Sotto il profilo del monitoraggio fiscale, con un’apposita integrazione all’art. 4 del DL 167/90 verrebbe confermato l’obbligo di compilazione del quadro RW, specificando però che anche in questi casi vale la franchigia di 15.000 euro. In tal senso verrebbe avallato, inoltre, l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 788/2021, secondo cui le valute virtuali non scontano l’IVAFE, non rappresentando prodotti finanziari.

 

Tra gli elementi inediti si rinviene la proposta di introdurre un regime opzionale di rideterminazione dei valori di acquisto delle valute virtuali, alla stregua dell’opzione prevista, ad esempio, per il costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate.

Si prospetta quindi la possibilità di assumere quale costo o valore di acquisto il valore risultante da una perizia giurata alla data del 1° gennaio 2022 (redatta da dottori commercialisti e ragionieri iscritti nell’albo dei revisori legali), sul quale è necessario assolvere un’imposta sostitutiva a scaglioni (dall’8% al 10% dei valori), con il consueto frazionamento in tre rate. La redazione della perizia e il primo versamento dovrebbero essere effettuati entro il 30 giugno 2022, anche se a una prima analisi l’ipotesi pare piuttosto ottimistica.

Il valore così rideterminato non consente, come per le partecipazioni, il realizzo di minusvalenze.

È poi prevista un’apposita sanatoria di natura “premiale” per le violazioni in materia di monitoraggio fiscale, a condizione che le attività vengano fatte “emergere” nella prima dichiarazione utile (sarebbe tale il modello REDDITI 2022): il disegno di legge limiterebbe il beneficio ai contribuenti che fruiscono del regime transitorio in esame, con perizia e pagamento di imposte sostitutive, pur se non si comprende appieno la ratio di una simile limitazione e non, invece, l’estensione alla generalità dei contribuenti inadempienti.

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