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La decorrenza dell’assegno unico e universale, istituito dal DLgs. 230/2021, varia in base al momento di presentazione delle domande. In particolare, c’è tempo fino al 30 giugno 2023 per ottenere le mensilità arretrate dallo scorso marzo, mentre per le domande presentate dal 1° luglio in avanti la prestazione decorrerà dal mese successivo a quello di presentazione della domanda.

In proposito, occorre ricordare che dal 1° marzo 2023, l’assegno unico e universale viene erogato d’ufficio, senza la necessità di presentare nuova istanza, per i soggetti che nel periodo tra gennaio 2022 e febbraio 2023 abbiano presentato la domanda e la stessa non sia stata respinta, revocata o decaduta oppure oggetto di rinuncia da parte del richiedente.

Per l’erogazione d’ufficio, l’Istituto di previdenza farà riferimento ai dati presenti nelle domande già acquisite e agli altri dati rilevati dall’ISEE e il beneficiario potenziale dovrà intervenire sulla domanda precompilata dall’INPS solo ed esclusivamente nel caso in cui si rendesse necessario segnalare eventuali variazioni e dal momento in cui queste si manifestino.

A titolo esemplificativo, le ipotesi di variazione della domanda – che, in alcuni casi, possono anche determinare la necessità di presentare una DSU aggiornata – possono riguardare la nascita di figli, l’eventuale inserimento o variazione della condizione di disabilità del figlio, le variazioni della modalità di pagamento prescelte ecc.

La presentazione deve avvenire in via telematica, accedendo al sito web, tramite Contact Center Integrato e istituti di Patronato o, in aggiunta, utilizzando il nuovo servizio per i dispositivi mobili, installando l’applicazione “INPS Mobile” e selezionando dalla homepage il servizio “Assegno unico e universale per i figli a carico”. Come detto, se presentata entro il 30 giugno, l’istanza produrrà i suoi effetti con efficacia retroattiva, comportando il riconoscimento degli importi relativi alle mensilità arretrate con decorrenza dal mese di marzo del medesimo anno, mentre per quelle presentate dal 1° luglio in avanti la prestazione decorrerà dal mese successivo a quello di presentazione della domanda.

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Gli importi di assegno unico erogabili per l’anno 2023 e le relative soglie ISEE aumentano per effetto della rivalutazione annuale sulla base della variazione, pari all’8,1%, dell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT con riferimento al biennio 2021/2022. L’importo massimo sale infatti da 175 a 189,20 euro per ISEE fino a 16.215 euro (contro la precedente soglia pari a 15.000 euro), mentre l’importo minimo sale da 50 a 54 euro per ISEE a partire da 43.240 euro (contro i 40.000 euro previsti in precedenza).

Si ricorda infatti che l’art. 1 commi 357-358 della L. 197/2022 ha aumentato, al ricorrere delle condizioni previste, gli importi base dell’assegno previsto per i nuclei familiari con figli minori, rendendo strutturali le agevolazioni previste per il 2022 in favore dei figli maggiorenni disabili e aumentando la maggiorazione forfetaria per i nuclei familiari con quattro o più figli

Per effetto di tali interventi, dalla mensilità di gennaio 2023 gli importi dell’assegno in esame vengono incrementati del 50% in caso di figli a carico di età inferiore a un anno. Il medesimo incremento è riconosciuto anche per i nuclei familiari con almeno tre figli, per ciascun figlio nella fascia di età da uno a tre anni, con un ISEE fino a 43.240 euro. Ipotizzando un nucleo familiare in possesso di ISEE 2023 pari a 25.000 euro, composto da tre figli, di cui uno di 25 anni convivente con i genitori, uno di 14 anni e uno di due anni, gli importi saranno i seguenti: nessun importo per il primo figlio; 144,90 euro mensili per il secondo figlio; per il terzo figlio nella fascia 1-3 anni, spettano 217,35 euro (144,90 + 72,45 euro, ossia il 50% dell’importo). Al nucleo spettano inoltre 67 euro a titolo di maggiorazione per il terzo figlio, per un totale di 429,25 euro.

Passando poi alla maggiorazione mensile spettante ai nuclei con almeno quattro figli, l’INPS ricorda come questa sia stata incrementata da 100 a 150 euro dalla legge di bilancio 2023 e che in tali casi l’assegno spetta solo per i figli che hanno i requisiti per la prestazione, benché ai fini della numerosità del nucleo stesso vadano considerati tutti i figli a carico dei genitori secondo le regole di appartenenza al nucleo valide ai fini ISEE.

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La modifica del sistema di detrazioni IRPEF contenuta nella attuativa dell’assegno unico e universale per figli a carico, incide sulle valutazioni di convenienza in relazione all’applicazione del regime forfetario. Meno incisiva a questi fini è la modifica degli scaglioni di reddito imponibile e delle relative aliquote IRPEF applicabili.

Il DLgs. 230/2021 riconosce per i figli a carico di età inferiore a 21 anni un assegno unico erogato dall’INPS in misura variabile in base all’ISEE del nucleo familiare. Vengono corrispondentemente modificate le detrazioni IRPEF per carichi di famiglia che, dal 1° marzo 2022, si applicheranno esclusivamente per gli altri familiari a carico e per i figli di età pari o superiore a 21 anni.

Per gli imprenditori individuali e i lavoratori autonomi con i requisiti per applicare il regime forfetario la possibilità di fruire di detrazioni IRPEF per figli a carico poteva rendere conveniente fiscalmente la permanenza nel sistema di tassazione progressivo. Naturalmente, il vantaggio fiscale poteva risultare più o meno significativo in base all’ammontare del reddito complessivo e al numero delle persone a carico nel nucleo familiare.

Si consideri, a titolo esemplificativo, il caso di un professionista che possieda esclusivamente reddito di lavoro autonomo, pari a 15.000 euro, e che abbia due figli (di età superiore a tre anni) integralmente a carico per l’intero anno.

Applicando il regime forfetario con aliquota al 15%, l’imposta sostitutiva sul reddito di 15.000 euro (determinato a seguito dell’applicazione del coefficiente di redditività ai compensi percepiti) ammonterebbe a 2.250 euro; in assenza di ulteriori fonti di reddito soggette ad IRPEF, non risulta possibile usufruire di deduzioni dal reddito complessivo o di detrazioni IRPEF (ad esempio, per oneri).

Permanendo nel regime ordinario, l’IRPEF 2021, al netto della detrazione per tipologia reddituale e per i figli a carico, ammonterebbe a complessivi 929 euro (oltre alle addizionali regionale e comunale). Dal 2022, invece, in conseguenza della sostituzione delle detrazioni IRPEF per figli a carico con l’assegno unico erogato dell’INPS, l’IRPEF al netto delle citate detrazioni, ricalcolate in base al nuovo quadro normativo, risulterebbe incrementata a 2.185 euro (oltre le addizionali regionale e comunale).

Dall’ipotesi prospettata emerge come, per effetto dell’abrogazione delle detrazioni per figli a carico dal 1° marzo 2022 (sostituite dall’assegno unico erogato dall’INPS), la convenienza del sistema d’imposizione ordinaria entro determinate fasce reddituali può venir meno e, in assenza di ulteriori deduzioni dal reddito complessivo o detrazioni IRPEF potenzialmente utilizzabili, il regime forfetario risulta ancor più appetibile rispetto al passato, tenuto anche conto delle semplificazioni negli adempimenti contabili e fiscali che il medesimo contempla.

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Venerdì, 19 Novembre 2021 13:47

Assegno unico e universale dal 2022

Il Consiglio dei ministri tenutosi ieri ha approvato il DLgs. che istituisce l’assegno unico e universale. Il provvedimento ora dovrà passare al vaglio delle Commissioni parlamentari competenti per il parere, prima del via libera definitivo.

Come reso noto dal comunicato stampa di Palazzo Chigi, la misura potrà essere richiesta a partire dal 1° gennaio 2022 e, fino a quando non sarà pienamente operativa, continuerà a essere erogato l’assegno temporaneo per figli minori (c.d. “assegno ponte”), a sostegno delle famiglie che non abbiano diritto ai vigenti assegni per il nucleo familiare.

L’introduzione dell’assegno unico e universale determinerà la graduale soppressione delle misure indicate nell’art. 3 della L. 46/2021, tra le quali rientrano:
- l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori;
- il bonus bebè;
- il premio alla nascita;
- gli assegni per il nucleo familiare.

L’assegno in esame spetterà a tutti i nuclei familiari con figli a carico, interessando quindi sia i lavoratori dipendenti che gli autonomi, subordinato al possesso cumulativo di una serie di requisiti concernenti i profili di cittadinanza, residenza e soggiorno. In particolare, per accedere alla misura occorre:

- essere cittadino italiano o di uno Stato membro Ue;
- essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
- essere residente e domiciliato, insieme con i figli a carico, in Italia per la durata del beneficio;
- essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi.

Il beneficio decorre dal settimo mese di gravidanza, sino al compimento del 21esimo anno di età del figlio, ma viene prevista una riduzione per i figli che raggiungono la maggiore età, i quali potranno richiederne concessione diretta a condizione che frequentino un percorso di formazione scolastica o professionale, o un corso di laurea, svolgano un tirocinio o di un’attività lavorativa con un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro, siano registrati come soggetti disoccupati e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro o svolgano il servizio civile universale.

L’importo varia in base all’ISEE secondo criteri di universalità e progressività. Infatti, la somma potrà subire variazioni in relazione ai soggetti destinatari: stando al comunicato, l’assegno mensile dovrebbe arrivare fino a 175 euro per il primo e il secondo figlio (260 dal terzo), che saranno ridotti qualora i figli a carico presenti nel nucleo abbiano un’età compresa tra i 18 e i 21 anni. Inoltre, l’importo pieno andrebbe a chi ha un ISEE fino a 15 mila euro, superati i quali l’assegno calerebbe progressivamente fino a un importo minimo per gli ISEE oltre una certa soglia o per chi non lo presenta.

Viene poi prevista un’ipotesi di maggiorazione qualora l’assegno venga erogato in favore di madri minori di 21 anni, nonché una maggiorazione, secondo un’aliquota non inferiore al 30% e non superiore al 50%, per ciascun figlio con disabilità; in tal caso, la misura spetta a prescindere dall’età e l’importo della maggiorazione è graduato secondo le classificazioni della condizione di disabilità.

Il beneficio potrà essere richiesto all’INPS (anche congiuntamente al reddito di cittadinanza, col quale è compatibile) dal 1° gennaio del prossimo anno, secondo le modalità che saranno rese note dall’Istituto di previdenza entro 20 giorni a partire dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DLgs. attuativo.

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