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Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 269/2021 del DL 11 novembre 2021 n. 157 (c.d. decreto “antifrode”) è da subito operativa l’estensione del visto di conformità su tutte le comunicazioni di opzione per le detrazioni edilizie.
A tal proposito, l’Agenzia ha reso disponibile il nuovo modello per la comunicazione delle opzioni per la cessione del credito o per lo sconto in fattura relative alle detrazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica.

Nel dettaglio, nel caso di esercizio delle opzioni per sconto/cessione del credito di imposta, corrispondente alla detrazione “edilizia” altrimenti spettante, dispone che:
- il contribuente richieda il visto di conformità;
- i tecnici abilitati asseverino la congruità delle spese sostenute

La novità implica quell’estensione del visto di conformità (sino a oggi richiesto solo con riguardo alle opzioni relative a detrazioni “edilizie” spettanti in misura superbonus 110%) a tutte le opzioni esercitate ai sensi dell’art. 121 comma 1 del DL 34/2020, comprese dunque quelle relative a detrazioni “edilizie” diverse dal superbonus.

La seconda novità implica l’estensione dell’obbligo di attestazione, a cura di tecnici abilitati, di congruità delle spese (sino a oggi richiesta solo in relazione alle spese agevolate per interventi di efficienza energetica con ecobonus o superbonus e alle spese agevolate per altri tipi di interventi con superbonus) a tutte le spese agevolate che sono oggetto delle opzioni esercitate ai sensi dell’art. 121 comma 1 del DL 34/2020.

In altre parole, nel caso di spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio agevolate con la detrazione IRPEF al 50%, di rifacimento delle facciate agevolate con il bonus facciate al 90% e di riduzione del rischio sismico agevolate con il sismabonus 50-70-75-80-85%, l’attestazione di congruità delle spese, a cura di tecnici abilitati, rimane non necessaria se il beneficiario si avvale della “normale” detrazione in dichiarazione dei redditi (nel caso dell’ecobonus e del superbonus, l’attestazione era e continuerà a essere dovuta anche in questo caso), ma diviene necessaria se il beneficiario esercita le opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Le disposizioni introdotte sono entrate in vigore già il 12 novembre 2021.
Questo comporta, ad esempio, che tutte le opzioni ex art. 121 del DL 34/2020 che saranno esercitate da qui in avanti, con riguardo a spese sostenute per interventi di rifacimento delle facciate agevolate con il bonus facciate al 90% (che scende poi al 60% per le spese sostenute nel 2022), ma anche con riguardo agli interventi di recupero del patrimonio edilizio agevolate con la detrazione IRPEF 50%, dovranno essere accompagnate dall’attestazione della congruità dei prezzi, a cura di un tecnico abilitato, la cui esistenza dovrà essere verificata dal professionista incaricato di rilasciare il visto di conformità sulla comunicazione di opzione.

Peraltro, l’attestazione di congruità (per tutte le opzioni, d’ora in poi) dovrà fare riferimento non solo ai prezzari individuati dal punto 13 del DM 6 agosto 2020 “Requisiti” (prezzari regionali e prezzari DEI), ma anche, con riguardo a talune categorie di beni, ai valori massimi che saranno stabiliti con decreto del Ministero della transizione ecologica. Nell’attesa, se è pacifico che sussiste l’obbligo di apporre il visto di conformità su tutti i modelli di comunicazione delle opzioni presentati telematicamente all’Agenzia delle Entrate da oggi in poi (anche se relativi a spese sostenute in precedenza), parrebbe di contro ragionevole riconoscere che l’attestazione di congruità non sia dovuta per quelle spese che, per cassa o per competenza, a seconda del soggetto beneficiario che le sostiene, si considerano sostenute prima del 12 novembre 2021, ancorché la relativa comunicazione di opzione risulti presentata solo a partire da tale data

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"Il settore delle costruzioni ha bisogno di nuovi processi produttivi, affidandosi a elementi modulari e infrastrutture digitali. E non solo per una questione di efficienza energetica.

Gli insediamenti umani diventano sempre più densi e popolati, ma il mondo delle costruzioni non è cambiato molto dalle origini. Con oltre sette miliardi di individui in via di urbanizzazione e altri due miliardi in arrivo da qui al 2050, senza nuove modalità che mettano al centro l’efficienza, la sostenibilità e il recupero, l’edilizia rischia di trovarsi impreparata all’appello della crescita demografica e dei cambiamenti climatici. Circolarità, digitalizzazione e condivisione sono le parole d’ordine di REbuild, il principale momento d’incontro fra gli operatori orientati al rinnovamento delle costruzioni, che si tiene il 21-22 giugno a Riva del Garda e l’11 ottobre a Milano.

L’importanza di un nuovo approccio alle riqualificazioni ha ancora più rilevanza in un Paese come il nostro, dove il 70% degli edifici è stato realizzato prima del 1976, anno d’introduzione della prima legge sull’efficienza energetica, e il 25% non è mai stato riqualificato. Non a caso, ormai il mercato del recupero ha doppiato il valore delle nuove costruzioni, con oltre 83 miliardi di ristrutturazioni nel 2015 (oltre ai 36 miliardi di manutenzioni ordinarie), contro i 42 miliardi investiti nel nuovo, secondo i dati del Cresme. E in base alle previsioni il mercato della ristrutturazione sostenibile continuerà a crescere, mentre quello del nuovo diminuirà nel tempo, fino a pesare appena il 2% nel 2050.

Complessivamente, i 2 miliardi di metri quadrati del patrimonio edilizio italiano che necessitano di riqualificazione energetica potrebbero generare almeno 500 miliardi di euro per il settore dell’edilizia, con ricadute enormi sul sistema energetico nazionale. Solo una riqualificazione leggera degli edifici pubblici potrebbe consentire un taglio del 20% alla bolletta dello Stato, che vale 6 miliardi di euro all’anno, portando 1,2 miliardi di risparmi. Con un retrofit più approfondito il taglio potrebbe arrivare al 30-35%: una <i>spending review </i>facile facile.

La circolarità in edilizia non è solo una questione di recupero energetico. «Riusare il vasto patrimonio pubblico e privato, lascito di oltre sessant’anni di pace, rappresenta la condizione necessaria per dotare le città di rinnovate condizioni di qualità e competitività all’altezza delle ambizioni del Paese, senza ulteriore consumo di suolo», spiega Thomas Miorin, fondatore di REbuild e direttore di Habitech, il distretto tecnologico trentino dell’energia e dell’ambiente. Ma perché i vantaggi dell’economia circolare possano dispiegarsi appieno, è necessario uno sforzo tecnologico di grande portata. La rigenerazione del patrimonio immobiliare necessita di maggiore efficienza e costi più bassi, quindi di nuovi processi produttivi.

Il punto di partenza dell’edilizia è particolarmente inefficiente: dal 1990 al 2015 la produttività per addetto (cioè il tempo di un addetto che si traduce in valore nel prodotto finito) è cresciuta meno dello 0,5% l’anno, contro il 2% del manifatturiero, di conseguenza nella manifattura è all’88% mentre nell’edilizia non supera il 43%. Un dato che riflette la necessità di ripensare alla filiera edilizia attraverso un processo di convergenza, sia sul piano tecnologico che sul piano organizzativo. Ci vuole una vera e propria industrializzazione delle costruzioni, con cantieri standardizzati destinati principalmente ad assemblare elementi prefabbricati, come già accade nei progetti più avanzati. E ci vuole un’infastruttura digitale, che consenta di trasporre un edificio dal file al prodotto finito, basandosi su una modellistica internazionale.

Con l’edilizia circolare cambia anche la progettazione, che dovrebbe puntare a spazi modulari riconfigurabili e volumi flessibili, capaci di creare ambiti condivisibili fra diversi nuclei e forme di produzione alimentare urbana, spingendo verso il massimo utilizzo possibile degli ambienti. Come l’auto rimane ferma 23 ore su 24, anche gli spazi sono perloppiù inutilizzati: il 60% degli uffici europei restano vuoti, persino durante i giorni lavorativi, mentre il 50% dei nuclei familiari afferma di vivere in spazi troppo grandi, a causa del progressivo invecchiamento della società. Questo ha delle ricadute anche sull’inefficienza dei consumi energetici: il 20-40% dell’energia consumata in un immobile va sprecata e potrebbe essere conservata solo con nuovi modelli comportamentali. Per non parlare della riqualificazione radicale degli edifici, che ormai ha raggiunto notevoli livelli di industrializzazione e potrebbe essere applicata a tappeto, con ampi margini di miglioramento delle prestazioni energetiche (oltre il 50%). Sia gli edifici nuovi che le riqualificazioni a energia quasi zero sono realtà disponibili sul mercato, anche se poco diffuse.

Ricadute notevoli ci sono anche sulla fine vita di un edificio. Nella demolizione in Europa, il 54% dei materiali finisce in discarica. Si può fare molto meglio: in alcune nazioni la percentuale scende al 6%. Ci sono già edifici pensati come “banca di materiali” e altri in grado di essere completamente smontati e rimontati con nuove funzioni d’uso, senza perdite. In complesso, l’applicazione a tappeto dei principi dell’economia circolare all’edilizia, in base ai calcoli più attendibili, potrebbe generare benefici economici di oltre mille miliardi all’anno entro il 2030 per l’Europa. Una bella spinta dopo questi anni di crisi."

diElena Comelli - TRATTO DAL SOLE 24 ORE 21-06-20161-06-2016

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